Via di Montalbino

09.02.2021



Dalla villa della camera di via di Montalbino, una ragazza dai capelli lunghissimi e scuri cantava 'na sera e Maggio di Nino Abbate. La casa era grande, con un giardino controllato da custodi e pieno di fiori. Era su più livelli e ogni piano aveva circa tre stanze. La famiglia era numerosa, cinque ragazze e tre bambini, nati a molta distanza dalle prime. Era l'unica famiglia della città a muoversi in carrozza, ad avere un proprio cocchiere e a poter vantare di avere vestiti sempre nuovi. La sorella maggiore, Anna, faceva la sarta per ammazzare il tempo. Si divertiva ad usare le sorelle come modelli e su di loro cuciva i vestiti migliori, perfettamente aderenti al corpo di ognuna di quelle quattro donne, tutte diverse fra di loro. La mezzana - quella che amava cantare affacciata alla finestra - aveva il corpo più bello di tutti: una vita stretta stretta, delle gambe lunghe e bianchissime, un seno corposo. Su di lei, Anna, cuciva i suoi vestiti migliori. La ragazza ne faceva spesso un vanto, perché poteva lodare con le amiche una sarta personale, che le permetteva di addobbarsi a piacimento, secondo ogni suo gusto. Fra le ragazze della città, questa donna dagli occhi smeraldo, con i ricci che le ricascavano sulle spalle, era la più bella. Tutti facevano a gara per parlare con lei, per poter fare insieme la strada di casa e starle accanto anche solo un pochino. Un ragazzo di un paese vicino, figlio del medico della città, si era invaghito di lei dalla prima volta che l'aveva vista al mercato con le sorelle. La seguiva ovunque, cercando di strapparle almeno un sorriso, ma la ragazza sembrava non ricambiare quelle attenzioni. Non aveva in mente nessun altro, né i suoi passi erano mai diretti verso casa di qualcuno, ma amava tenere le persone accanto lei sulle spine e dare poca confidenza. Essere corteggiata era sua predilezione.

«Permettimi di conoscerti» le disse un giorno il ragazzo quando la vide passare con la sorella verso la strada di casa. Le prese la spalla con delicatezza, facendo in modo che i due sguardi si incontrassero. «Ma con chi si crede di parlare», le rispose Anna, stringendo il braccio della sorella e accelerando il passo. Il padre delle due era un uomo mite, dal viso sempre sorridente, di bella presenza, con i capelli nero corvino e gli occhi verdi. Vestiva sempre elegante e non viaggiava in carrozza mai da solo: raramente la moglie era con lui, ma la fedeltà dell'uomo nei confronti di quella donna, era cosa nota a tutto il paese. La sua origine era benestante e aveva dovuto lavorare poco, perché il suo lavoro consisteva nel controllare i movimenti dei capitali che investiva e spesso era aiutato dai propri contabili. Non era un uomo con molte pretese ed era con tutti i figli molto affettuoso e pieno di comprensione, pur pretendendo che le figlie si maritassero con persone importanti e facoltose. Questo era infatti nella mente di tutte le figlie; benché tutte e quattro amassero ricevere attenzioni per la loro bellezza, nessuna di loro aveva mai pensato di dare qualche sospiro di più chi non lo meritasse. Proprio per questo, gran parte delle persone che facevano la corte a queste ragazze, sapevano già di aver perso in partenza per via della loro condizione sociale. La ragazza si divertiva a far soffrire quei pretendenti e ogni tanto usciva con qualcuno di loro di nascosto, ma stando attenta a non innamorarsi mai. «Per favore, mi faccia uscire con sua sorella, mi piace davvero» disse il ragazzo con il fiato corto. Le aveva ricorse lungo lo stradone che dal centro della città portava sul monte, dove le ragazze abitavano. Anna guardò la sorella, che intanto si compiaceva delle attenzioni di quel ragazzo e sperava che fossero serie. Si trattava, comunque, di una famiglia molto conosciuta in città ed entrambe pensarono che non ci fosse alcun problema per il padre, e che quindi potesse andare bene. «Venga dopodomani a cercami, dopo la messa», le disse allora la ragazza, slegando il suo braccio da quello della sorella e rivolgendo uno sguardo caloroso al giovane, che forse lo riempì di speranza. Passò il giorno e il padre venne avvisato della cosa. Non si mostrò restio a quell'appuntamento, ma neanche felice. La giornata passò nella totale tranquillità, fra la musica che abitava la villa e il rumore dei bambini nel giardino. Anna decise di cucire un vestito per la sorella: una gonna stretta, lunga poco più su delle ginocchia. Il tessuto era a scacchi, color grigio e rosa, con uno spacco dietro. Era il suo primo esperimento di gonna così corta e il corpo della sorella le sembrò quello più adatto per sperimentare.

L'indomani le due andarono a messa con a seguito le altre sorelle. Sulla strada verso la parrocchia della città, non molto distante dalla casa paterna, il ragazzo arrivò in moto. Vedendo la donna così abbigliata, con le gambe di fuori che prima di allora aveva solo immaginato, ebbe un sussulto nel cuore: «Oh, ma che bomba!», le disse camminando con la moto a loro passo. La ragazza arrossì, ma Anna tirò uno schiaffo al ragazzo, inveendo contro di lui e minacciandolo di venire picchiato se si fosse fatto di nuovo vivo. Spinse la ragazza verso casa e una volta arrivate nel portico che dava sull'abitato, le strappò via la gonna, che gettò fra l'erba del giardino; «Chi ti parla così, non si deve permettere di starti accanto», le disse quasi con risentimento. La ragazza rise di cuore a quella reazione e con le gambe nude e in mutande cominciò a danzare nel portico di casa, cantando la sua amata canzone di Abbate e destando l'attenzione dei parenti, che intanto - incuriositi - si erano affacciati ai balconi. L'accaduto venne presto dimenticato e di quel ragazzo non se ne fece più parola, sebbene avesse tentato a lungo di scusarsi con Anna e con la ragazza. In realtà, quest'ultima, non ne era che lusingata e probabilmente avrebbe lasciato quell'esclamazione morire lì, dato in pasto al suo ego gentile, se solo la sorella non avesse reagito in quel modo. Ma ben presto dimenticato, se ne fece una ragione, anche perché non avrebbe permesso di starle accanto per più di un'ora.

Passarono così degli anni, sempre in queste attese del meglio che le due sorelle attendevano insieme. Ma arrivò il momento in cui Anna lasciò la casa paterna per sposarsi e la ragazza rimase sola, con un armadio di vestiti per i suoi pretendenti. Quei giochi, che da sempre avevano fatto in due, ora erano diventati meno divertenti e badare a sé stessa divenne più faticoso. Aveva, infatti, sempre camminato a quattro gambe, con la sorella dall'altro lato del suo braccio e in due prendevano decisioni su ogni cosa. Senza Anna, la ragazza imparò a stare con sé stessa. Le altre sorelle, più piccole di lei - sebbene di pochi anni - non potevano regalarle la stessa gioia saporita delle conversazioni nella notte, dei commenti sugli abiti delle altre e sul viso dei giovani che incontravano: erano troppo piccole per capire e per seguire i suoi passi, e lei non voleva essere per loro Anna. Il suo carattere si limò e perse quell'ingenuità dei quindici anni, diventando immediatamente donna, capace di difendersi da sola e di decidere per sé stessa. Non aveva perso la voglia di cantare, di farsi bella, di uscire con le amiche e fare vanto di chi per lei stravedeva senza conoscerla. Era indiscusso che fra tutte le donne della famiglia fosse la più bella e anche il padre ne sembrava cosciente, tanto che, ogni volta che il fotografo arrivava in casa per le foto rituali, gli chiedeva sempre di immortalare il volto della giovane donna in pose diverse. Una di quelle foto in cui la ragazza guardava verso destra con sguardo vuoto, con il volto rilassato e le labbra scure dal rossetto rosso, venne addirittura esposta fuori il portico della casa. Non si sa bene che cosa volesse fare con quella foto e la gelosia delle sorelle durò a lungo, ma il padre sembrava essere fiero di quella creatura che aveva generato e che per bellezza pareva un fiore. Restò lì fuori esposta per due giorni, fino a quando, il ragazzo rifiutato, davanti allo sguardo di tutti, spaccò il vetro che la custodiva e se la portò via, sparendo con la moto sullo stradone. Di lui, dopo quell'atto che tanto divertì Anna e la sorella, non si seppe più nulla. A lungo se ne parlò nei cenoni delle feste, dividendo la famiglia in chi per il giovane nutriva una certa compassione e chi invece se ne beffeggiava divertito. 

Pare che l'uomo si sia poi spostato in un paese vicino e che sia morto recentemente. 

© 2018 Leucade polvere, schiuma e tentativi.
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia