Restare a galla - l'artista saturnino

" La malinconia te la portavi addosso come un profumo e la tragedia era l'unica situazione umana che tu capissi veramente. " - Oriana Fallaci, Lettera a Pier Paolo Pasolini.
Ci sono moti dell'anima che è impossibile sottovalutare, così come è impossibile credere che tutto sia riconducibile alla sola fisiologia umana. C'è qualcosa che ci rende umani e ci lascia nel petto la pretesa amara del voler sentire, del voler respirare più forte e di volerlo fare sempre e solo a condizione di sentirsi pieno di quell'aria che riempie i polmoni di gioia, perchè - si sa - la fatica più grande è quella di accettare che vi sia tristezza nella nostra vita. Il problema non è tanto l'essere tristi o il sentirsi continuamente malinconici, ma piuttosto l'assurda esigenza di volersi spogliare di questa condizione tormentata e di voler essere altro al di fuori di noi stessi.
Non tutti gli esseri umani sono inclini alla malinconia e a questi sbalzi d'umore continui, tant'è vero che l'uomo che alterna stati di depressione a stati di esaltazione e che si destreggia nella sua condizione malinconica è uno dei topos che ci giunge dalla notte dei tempi e affonda le proprie radici nell'antica Grecia. L'uomo investito da un'ispirazione che si manifesta sotto forma di furor, è l'artista saturnino, il cui carattere è dominato dal pianeta considerato cogitabondo e malinconico. Questa definizione del carattere malinconico risale alla distinzione enunciata da Ippocrate fra le quattro categorie psicofisiche in cui nel mondo antico si distinguevano gli esseri umani: il sangue, la flemma, la bile gialla e la bile nera. A seconda della mescolanza di queste quattro tipologie e della presenza più dell'uno che dell'altra, ogni uomo rientrava in una di queste categorie. L'ultima tipologia era quella dominata dal pianeta Saturno ed era considerata fin dai tempi di Aristotele quella in cui maggiormente si trovava la creatività artistica, con annesse manifestazioni di depressione, ossessività e malinconia, che vanno a costituire quelle caratteristiche peculiari che distinguono l'artista da un uomo qualunque.
Al giorno d'oggi questa distinzione e la sua conseguente classificazione è qualcosa di abbastanza difficile da poter attuare, data la continua finzione alla quale siamo sottoposti ogni giorno, degna delle maschere pirandelliane e della più grande tragedia mai messa in scena. Mentre nel passato, l'artista era ritenuto alla stregua di un veggente, le cui performance erano in grado di propiziare e le sue abilità erano messe a servizio della comunità, oggi tutto questo si è svuotato di senso. La sensibilità dell'artista è messa a dura prova dalla società vuota e materialista nella quale viviamo, in cui l'arte e ogni sua manifestazione è qualcosa puramente fine a se stessa e riservata a quei pochi che riescono a darne ancora un valore. L'artista tende a nascondere la sua indole e a dimostrarsi meno a contatto con il mondo: finge di non sentire scorrere nelle vene la voce della terra che lo sta chiamando. Che l'arte sia qualcosa comprensibile solo ai pochi? Che l'uomo saturnino reprima la sua indole perché non compreso?
Le parole del Foscolo dei Sepolcri riecheggiano quando la realtà si fa insostenibile e tutto sembra mosso da fili invisibili che governano il mondo circostante secondo l'utile e la superficialità:
Sono esistiti, prima di noi, esseri che hanno saputo combattere questo mondo offeso e sono riusciti a non cedere al cambiamento imposto alla propria anima. D'altronde, già il Petrarca diceva di essere nato per la scrittura e di non poter fare altro, in vita sua, che assecondare la stella sotto la quale era nato, senza dare adito a nessuna cosa di ostacolarlo nella sua impresa. Non bisogna andare così tanto lontano poi, se pensiamo ad artisti a noi più contemporanei. Le parole della Merini servono da monito alle anime sofferenti, che del mondo non vogliono nient'altro che viverne il legame profondo al quale sono stati chiamati, senza farsi investire da nessuna ricerca del senso della vita, ma cercando, a tentoni, di restare a galla senza lasciarsi intrappolare. La sensibilità non è una trappola, né una catena, né una qualità della quale vergognarsi: è la cosa che più ci rende umani.
"Il poeta soffre molto di più, però non si difende neanche alle volte. E' bello accettare anche il male. Una delle prerogative del poeta, che poi è stata anche la mia, è di non discutere mai da che parte venisse il male, lo ho accettato ed è diventato un vestito incandescente, è diventato poesia." - Intervistata da Paolo Bonolis.