Menate

11.06.2021

Ieri sono stata a vedere un cantante leggere Tondelli nei giardini di Palazzo Viola. Si discuteva della sua letteratura e del suo essere post-moderno e accelerato sui tempi. Si è parlato delle sue camere separate, al vuoto che noi tutti sentiamo seppure in compagnia. Alla necessità di quelle camere. Comunicanti e separate. Certo, sarebbe stato semplice non pensarti proprio in un discorso del genere, perché noi di camere separate non ne abbiamo davvero mai avute, nemmeno materialmente, ma forse in questi giorni mi costringo a pensarti e a far pace con l'idea di averti perso. Che sia definitivo o no, la cosa non mi tange più in maniera drammatica. Sono solo felice che tu sia inciampato nella mia vita e che io stia soffrendo e che sia tu il motivo per il quale soffro, come nella poesia di Dario Bellezza.

Ero lì, insomma, e ho guardato un uccello planare da chissà dove oscurarmi per un attimo il viso con la sua ombra. Non penso che qualcun altro abbia avuto questo pensiero, ma io ho pensato che fosse venuto a controllare la situazione, che fosse Tondelli, qualcun altro mestierante della letteratura, venuto a parlarci. Venuto a vedere che cosa si dice di queste tracce umane che faticosamente cerchiamo di stampare sulla pietra del mondo. A volte fallendo miseramente, ma pur sempre sforzandoci di lasciare un po' di es amalgamato nella terra, desiderosi che qualcun altro - con paletta e secchiello - lo raccolga per farne qualcosa. Quel qualcosa poi non ci interessa mica più così tanto, perché ci basta che sia per qualcuno.                                          Poi si è alzato un po' di vento e ho letto tutto come un felice presagio a conferma del fatto che non fossimo soli e che con noi, anche se in universo così lontano, ci fossero anime deliranti ad accarezzarci le spalle. L' albero davanti a me sembrava la madre natura di Leopardi che compare a quell'islandese nella terra arida e noi eravamo lì sotto piccolissimi. Mi ha spaventata, mentre di sottofondo Altri Libertini scorreva come dei sottotitoli a questa scena patetica. Perché ti racconto questo? Perché al dolore non è concessa razionalità. Perché per poco, in quel trambusto soffocante, ho creduto che anche tu - come me - avessi avuto quella strana epifania, nella nostra stanza comune ma distante chilometri, nella parte di mondo dove ora ti trovi e che io non conosco. Perché mi son persuasa che così succede quando vuoi bene qualcuno. Ma poi si è parlato un altro po' di Tondelli e di tutte quelle menate che piacciono tanto a chi vuole fare della letteratura la sua vita e si è detto che alla fine quel povero scrittore avanti sui tempi non è che morto nella sua solitudine, impaurito di non aver fatto di sé quello che voleva. E che n'è stato di quel ragazzo amato, dei giovani universitari nella casa della Vecchia, del fumo, dei giochi, dell'amore che ha disseminato? Li ha persi per strada mentre cresceva, li ha chiusi nella sua camera, li ha guardati dalla finestra. 

Allora mi son detta che non per forza è un dramma questa separazione e che il vuoto ce lo porteremo dentro per sempre, anche se dovessimo amarci e andare di sempre e in sempre. 

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