Sulla legge ZAN

Il disegno di legge contro l'omo-lesbo-bi-transfobia, misoginia e abilismo, è momentaneamente
impantanato in Senato. Nota anche come Zan, dal nome dell'omonimo relatore Alessandro Zan, la
legge, approvata alla camera il 4 Novembre scorso, non sta avendo vita facile a Palazzo Madama.
Accanto ai reiterati e pretestuosi rinvii del presidente della commissione Giustizia del Senato, Andrea
Ostellari, vi è il sostegno del suo partito, la Lega, seguito da Forza Italia e Fratelli d'Italia, che si
dichiarano contrari al ddl. Le principali obiezioni si snodano attorno al tema dell'aleatorietà tra
opinione che incita all'odio e semplice opinione. Salvini, fra gli altri, dice "no a una legge che ostacoli
la libertà di pensiero", ma basta guardare alla legge Mancino per allentare i cardini di questo
ragionamento. Essa costituisce il principale strumento legislativo in Italia contro i crimini d'odio, ed
è il supporto principale al ddl Zan. La legge Mancino, in vigore dal 1993, sanziona e condanna gesti,
azioni e slogan aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali,
etnici, religiosi o nazionali. Su questa ci sono stati all'incirca trent'anni di sentenze, sia della corte
costituzionale che della giurisprudenza ordinaria, che hanno stabilito in modo chiaro qual è il confine
tra libertà di opinione e incitazione all'odio. La proposta di legge Zan mira ad ampliare la legge
Mancino per prevenire e contrastare crimini d'odio quali la discriminazione e la violenza per motivi
fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità. Essa
ha lo scopo di tutelare quelle categorie sociali che occupano i vertici della piramide d'odio in Italia e
che non rientrano nella legge Mancino, ovvero le donne, la comunità Lgbtqia+ e le persone con
disabilità, assicurando alla persona lesa, appartenente ad una di queste categorie, uno strumento per
la denuncia. Pertanto se si dipinge la legge Zan come liberticida, si fa altrettanto (tra le righe) per la
legge Mancino, per la cui abolizione non è mai stata presentata alcuna proposta di legge. La
complessità della questione non si esaurisce in queste premesse. Un'espressione (contestualizzata)
che implica o induce atti discriminatori nei confronti di un altro per motivi etnici e religiosi, non è
considerata una semplice opinione in Italia ma è già punibile come reato. Il nodo del contendere slitta
quindi dal piano pretestuoso a quello logico: se non esistono per legge reati con il nome di
discriminazione per sesso, genere, orientamento sessuale etc., non può esserci sul piano legale
un'aggravante idonea al crimine commesso. Di fatti l'altra comune obiezione è che "la violenza è già
reato" e quindi una nuova legge non serve. Se oggi noi sporgiamo denuncia contro uno dei suddetti
crimini d'odio, non essendoci per legge un nome che li riconosce come tali, un giudice può utilizzare,
se particolarmente accorto, un'aggravante per motivi abbietti ma se esistesse una legge dovrebbe
utilizzare quell'aggravante L'approvazione di una legge specifica a tutela di determinate forme d'odio
ridurrebbe la discrezionalità dei singoli giudici. Palese è anche un'altra incongruenza tra coloro che
dipingono il ddl Zan come liberticida: perché Lega e Fratelli d'Italia hanno votato alla Camera,
all'unanimità, l'introduzione di crimini d'odio per abilismo? Perché l'abilismo è da riconoscere come
un crimine d'odio e l'omotransfobia no? Il criterio di punizione dell'uno e dell'altro sarebbe lo stesso,
basato sulla già esistente legge Mancino. È chiaro che la preoccupazione dell'opposizione non è la
difesa della libera opinione, ma piuttosto di un'inconfessabile omofobia. Il pregiudizio viene così
adoperato ad arte con l'esasperazione un sentimento d'odio, l'omotransfobia, che assicurerà agli
oppositori i voti di coloro che ancora oggi pensano l'omosessualità come una deviazione da
correggere. Questo meccanismo è tradito dall'inserimento, nelle obiezioni alla legge, di questioni che
con il disegno di legge non hanno alcun legame. Prima fra tutte la scottante questione dell'utero in
affitto. Giorgia Meloni dice infatti: "Il ddl Zan non c'entra niente con la lotta alla discriminazione
degli omosessuali: è una legge che punta a vietare di esprimere opinioni, ad esempio contro l'utero in
affitto (...)." La strumentalizzazione di un argomento diviso (come l'utero in affitto chiaramente è)
serve quindi a creare disorientamento nell'opinione pubblica, rincalcando il sentore di una legge
melliflua. Ma la Meloni incalza "(...) e a portare la teoria gender nelle scuole anche elementari." Il
vero campo di battaglia della contestazione alla legge Zan è proprio l'intervento sui minori. Un
intervento che terrorizza, perché significherebbe ripensare tutta quella costruzione culturale fino ad ora conosciuta. Il dramma dell'opposizione è quindi alimentato dal timore della rieducazione. Il ddl
Zan nasce in realtà come una legge intersezionale e di civiltà che dovrebbe essere sostenuta a
prescindere dal partito politico in cui ci si riconosce. L'assenza di una legge contro i crimi d'odio
allinea l'Italia all'Ungheria e alla Polonia, gli unici Paesi in Europa a non averne una.
di Alessandra Di Labbio