Domande vuote

Il bambino calciava nella pancia della madre già stanca; presentimento di una vita che già batteva folle nel suo ventre e speranza che così non fosse. Alla sua nascita, 3,100 kg di capelli, i suoi occhi a mandorla sorridevano alla vita che l'aveva appena abbracciato e che, nel suo fluire inconsapevole nel letto del tempo, gli stava regalando tutte le carte per giocare la sua partita al meglio. La madre, dolce volto di ragazza di vent'anni, lo stringeva forte a sé come se fosse il gioiello più bello da custodire. Le sue braccia lo tenevano stretto in una presa forte e amorevole, un - non andare via - che sussurrava a tutti presentimento d'amore. Un giorno, quando il bambino ormai ventenne si aggirava nel mondo senza alcun fare sospetto, uno gli dirà - si capisce che sei stato amato - senza neanche conoscerlo. Il bambino lo sapeva già di essere amato e di essere cresciuto a suon di baci e carezze, come nessun altro bambino della sua età. L'amore, che sgorgava in ogni dove nella sua piccola casa mansarda, gli avrebbe fatto sentire per sempre, per il resto della sua vita, che al mondo tutto deve essere amato, anche le cose più piccole. La famiglia del bambino era una famiglia normale: padre operaio e madre casalinga; giovani che all'alba del loro amore avevano messo su un piccolo tempietto senza neanche accorgersene, un piccolo nido in cui non vi era odio, né rancore, né niente che potesse far pensare al piccolo bambino che fuori dalla finestra della sua casa ci fosse altro oltre che bei sentimenti. Ovattato e cresciuto fra le coperte dolci di un amore ingovernabile, aveva imparato a scorgere l'amore ovunque andasse: nei fiori, nelle piante, nell'aria che gli tagliava la faccia mentre correva veloce verso casa, nelle mani sporche di terra, negli occhi di tutti. Mai - pensava il bambino - vorrò andare via di qui. La sua casa era una piccola mansardina in un palazzo nobile di una piccola città di mare. Aveva due stanze e una piccola cucina, un balcone sul mare. Lì viveva con i suoi fratelli e con i suoi genitori che riuscivano a fargli sembrare bello anche il peggiore dei posti. Il bambino scoprirà più tardi, con la ragione d'adulto, di aver vissuto in una casa che era una soffitta e di esser stato povero senza saperlo. L'incoscienza, quella giusta, che ci fa sentire di più di quello che siamo perché ignoriamo. I genitori avevano saputo rendere unico e speciale anche un posto da 250 euro al mese adibito a casa. Fra quelle mura sentiva la forza di un amore che ha saputo riconoscere solo dopo e solo grazie la consapevolezza. Il bambino era felice e cresceva al mondo come se fosse un essere lieto e spensierato, diverso dagli altri bambini che, invece, sembravano intenti ad altri affanni, piuttosto che stare ad osservare per ore e ore. Gli unici esseri a lui simili erano le sorelle, più grandi di lui, cresciute a pane e amore anche loro e quindi diverse. Erano, queste due bambine, gli unici esseri che non lo facessero sentire solo al mondo; e con loro giocava, ore e ore e dimenticava il resto del mondo. Il bambino cresciuto nella sua diversità, ha finito - una volta arrivato ai quinci anni, età in cui il disprezzo pare un dovere - per rinchiudersi in sé stesso, raggomitolato in delle coperte senza mai uscire dal letto: era nel mondo. Entrato nel mondo, che mai gli era sembrato così offeso, si era spogliato di tutta quella sensibilità che lo aveva abituato alle cose belle e, spaventato dalla ragione che è solo adulta, disprezzava gli altri e il loro essere superficiali. Amava poche cose, trovava la ragione nei libri. I genitori continuavano ad amarlo come il primo giorno e così le sorelle continuavano liete a vivere la loro vita (a volte pensava fra sé e sé che avessero dei paraocchi per resistere a tutto questo), ma quello che prima a lui sembrava amore, ora gli si legava al petto come una catena: tutto era prigione, perfino quel mare che tanto guardava dalla finestra della sua piccola camera. Quel mare che lo aveva abituato alla tempesta così come alla tranquillità; pensava che questo fosse il suo problema, la pretesa assurda di poter essere come il mare e variare da un momento all'altro rimanendo comunque immenso e presente a sé stesso; ma da uomo non poteva: non poteva abbandonarsi alla tempesta delle sue passioni restano presente e cosciente a sé stesso. Avrebbe ceduto alla follia, alla triste consapevolezza di essere uomo e limitato, senza alcuna possibilità di poter essere infinito. Coltivò malinconia e seminò tristezza e pena nel cuore dei genitori che l'avevano visto pian piano appassire nel suo lago di melma, senza alcuna voglia di uscirne fuori. Vagava, il bambino ormai adulto, nella sua città-prigione, sognando di andare via e di trovare condizioni migliori altrove, ovunque lo portasse il cuore, ma lontano. Si lamentava, quando poteva, su fogli che poi gettava al mare, restituendo quel poco del suo essere nel luogo in cui sentiva essere conservato ancora un po' quell'amore del quale tanto si era nutrito. Amore, amore, amore: lo cercava ovunque senza più trovarlo, perché il suo essere bambino e la ragione subentrata troppo presto nella sua vita, lo avevano reso inerme e indifeso alle brutture del mondo. Che senso aveva avuto tutto quell'amore se adesso lo fuggiva come una malattia?
Nella vita, la risposta. Più, comunque, non l'ha trovata
di Valentina Salierno