Il mago e la principessa (Pt. I)
• L'ultima alba •
<<All'alba. Ti aspetto nel bosco, sotto la vecchia quercia. Fuggiremo da lì, ti amo>>.
Io e Katrine abbiamo sempre fatto tutto sotto voce, sin dall'inizio.
Stai attento quando incontri uno sconosciuto. Un attimo prima è una persona fra tante, un attimo dopo è il volto che cercherai come tuo unico appiglio, quando i fantasmi verranno nel letto per violentarti di notte. Quegli occhi potrebbero diventare la tua sorgente, quelle labbra potrebbero trattenere il tuo respiro e giocarci senza pudore. In balia di quelle mani, che ora stringi estranee, un giorno potresti perderti, e cadere.
Katrine era una fra tante quando mi tirò a terra nel campo di granturco e mi disse << Ma sei scemo, se non stai giù ti troveranno>>. Non disse altro, non ero degno di altre parole. Tornò subito col naso tra le spighe a spiare che qualcuno della squadra avversaria non fosse nei paraggi. Era solo un gioco, ma voleva vincere. Imparai presto che per lei vincere era importante. Nei suo occhi brillava la fiamma dell'ambizione, cosa che all'inizio mi turbava, devo dire. Tutta quella forza in un corpicino così minuscolo e delicato mi inibiva, iniziai presto ad evitarla. Trascorrevo più tempo con gli altri del gruppo.
Tutti simpatici e figli di contadini, come me. In realtà mio padre era un falegname, poi accettò il posto di contadino nelle terre del re, e ci trasferimmo dalla città in aperta campagna. Qui tutti davamo una mano ai nostri genitori nel lavoro, poi al tramonto ci riunivamo alla vecchia mangiatoia, e stavamo lì fino a sera.

Le stelle erano uno spettacolo dal tetto di quella baracca e noi ragazzetti non pagavamo certo il biglietto. Giocavamo a nascondino o a fare i guerrieri. Cavalcavamo i tronchi caduti come fossero grossi draghi antichi e fingevamo strategie d'attacco contro i goblin. Io ero il mago. Mi dicevano che non potevo fare il guerriero perché <<sei troppo mingherlino, non sei credibile come guerriero>>.
All'inizio non ero abituato all'aria della campagna, così calda, fluida, magica e a tratti irriverente. I venti correvano lungo distese immense prima di sbattere contro i nostri tetti, venti caldi che portavano con sé molti insetti appiccicosi. Col tempo imparai a far parte di tutto ciò e accettai sia gli insetti sia l'idea di essere solo un mago mingherlino.
Ogni 4 anni si festeggia la "Festa del Raccolto" in onore
della Dea Madre, colei che governa il fuoco del cielo, i frutti della terra
scura e tutti i viventi. I festeggiamenti iniziano al crepuscolo bevendo tutti
insieme vino e miele, poi ci sono i balli, i giochi e si mangiano i prodotti del
raccolto. Il momento più importante è il rito: una bambina viene scelta per
eseguire "la danza mistica", una serie di movimenti che permettono alla Dea
di impossessarsi del corpo della bambina e mangiare il cibo offerto da tutti.
Ero lì già da 2 anni, era la mia prima Festa della Dea, e stavo ballando con gli altri intorno al focolare, quando vidi con la coda dell'occhio Katrine. Era in disparte e stava piangendo. Il padre le stava urlando qualcosa, poi le tirò uno schiaffo dritto in faccia. Lei scappò via verso i campi. Scompariva sempre di più nel buio della notte. Sempre di più.
<<Non mi hanno scelta per il sacrificio, la prossima volta che ci sarà la festa sarà tra quattro anni e io non avrò più l'età giusta per essere scelta, sarò troppo grande. Contento ora? Te l'ho detto il perché. Torna alla festa, non serve che tu stia qui! Non dovevi seguirmi>>. Era seduta sopra una balla di fieno e guardava le stelle mentre continuava a singhiozzare.
Io ero seduto a terra e riuscivo a vederle sotto la gonna. Non vedevo molto in realtà perché era buio, ma l'idea bastava a darmi la sensazione di essere adulto. Perché <<diventi adulto quando riesci a mettere gli occhi sotto la gonna di una ragazza>> diceva mio padre.
<<Perché ci tenevi così tanto?>>, le chiesi.
<<Perché non te ne vai?>>
<<Perché mi piace star qui>>, ed era vero, stavo per diventare adulto, e strizzando gli occhi forse ce l'avrei anche fatta. Ma non feci in tempo. Lei rispose <<Allora me ne vado io>>, e scese giù dalla balla di fieno tenendosi i vestiti. Aveva cominciato a camminare per tornare alla gente che cantava e ballava in lontananza. Il focolare era l'unica cosa che rompeva l'oscurità di quella terra nera.
<<Secondo te esistono i fantasmi?>>
Lei si ferma. <<Tu sei pazzo>>, dice. E se ne va verso la festa.
Resto io da solo nel buio a pensare ai fantasmi. Mi raggiungono voci e urla da lontano.
Il padre di Katrine si occupa del magazzino, e quando dei viandanti hanno bisogno di cibo è a lui che si rivolgono. Un giorno accadde un fatto strano: degli uomini dalle facce per nulla raccomandabili si presentarono alla casa di Katrine per comprare cibo. Passando di lì vidi la scena. Con loro c'era anche una bambina. Era più piccola di me, molto carina. Mi avvicinai a lei per chiederle di giocare <<Ciao>>, ma il tipo che la teneva per mano mi guardò come per uccidermi. Mi prese uno spavento e feci dei passi indietro. All'improvviso la bambina si svincolò dalla mano di quello e corse verso di me. Mi si aggrappò alla maglia e iniziò a piangere. <<Aiutami>> mi parve di aver sentito, tra le lacrime non si capiva cosa stesse dicendo.
Katrine e suo padre erano sull'uscio a contrattare con gli altri uomini, e avevano visto tutto.
<<Vieni qua! Non dar fastidio a questo ragazzo che sicuramente ha molto da fare oggi>>
<<No signore, ho finito le mie mansioni. Posso giocare con sua figlia?>> dissi tremolando tutto.
<<No!>> urlò quello.
<<Ho molto cibo da mostrarvi e le trattative saranno lunghe. E dobbiamo aspettare che arrivi il messo del re. Perché non fate giocare la piccola con mia figlia e il suo amico, i campi sono sicuri, non c'è un'anima. Solo contadini, brava gente!>> disse il padre di Katrine.
Gli omaccioni si guardarono l'un l'altro, <<E va bene, ma non allontanatevi troppo>>. Ci avviamo tra i campi di grano io, Katrine e quella bambina strana.
<<Di dove sei?>> chiesi io.
Silenzio.
<<Vieni dall'est? Sembri dell'est!>>
Silenzio. Lei guardava avanti mentre camminavamo.
<<Prima, mentre piangevi, hai detto qualcosa?>>, a queste mie parole lo sguardo di Katrine si infiammò << Ma chiudi quella bocca, non vedi che non vuole parlare? La infastidisci solamente!>>
Che odio. Avrei voluto darle un pugno.
<<Dall'est>> bisbigliò la bambina.
<<Ah dall'est>>, guardai Katrine compiaciuto perché avevo avuto risposta, <<e come ti chiami?>>
<<Aiutatemi, quegli uomini mi hanno rapita. Non sono figlia di nessuno di loro. Aiutatemi a scappare>>.
Io e Katrine ci bloccammo. Poi ci guardammo sconvolti.
<<Ma cosa stai dicendo?>> chiesi io. La piccola incominciò a piangere. Io ero ancora intontito ma Katrine aveva già cambiato sguardo; <<Vieni con me>> disse. Prese la bambina per mano e la iniziò a tirare verso il bosco.
<<Ferma, è pericoloso nel bosco>>
<<La nasconderemo lì, diremo loro che è scappata e quando se ne saranno andati la andremo a riprendere>>. Sapeva già cosa fare. Odiosa.
Entrammo nel bosco.
<<Ehii voi, dove state andando?>>, si sentirono queste parole raggiungerci da lontano. Mi voltai. Ci avevano visti.
<<Correte, correte>> dissi ad entrambe, ma stavamo già correndo tutti e tre. Panico. Sentii il cuore in petto battermi all'impazzata. Solo quello, solo il cuore sentivo. Non il sudore di cui ero impregnato, non i graffi sulle gambe per le spine, solo il "Tum Tum Tum" nel mio petto. "TumTumTumTum". "TuTuTum TuTuTum".
Davanti a me qualcosa attira la mia attenzione. Un puntino luminoso, piccolo. Proviene da uno degli alberi lontani. Sembrava una minuscola lucciola azzurra fissa sul tronco. Inizio a correre verso la lucina. Pian piano da non so dove una donna inizia a parlare. Non sento bene. Man mano che mi affanno verso la lucina il suono si fa più distinto e le parole più chiare. Mi fermo. Nessuno intorno, solo il bosco fitto, le foglie che cadono, i raggi del sole, e una donna che parla.
"Cade, cade,
cade
l'uomo con la falce, mentre il mondo gira
come le pale di un mulino.
Cade, cade,
cade
l'uomo con la falce, e non si alza più"
Una mano mi afferra il braccio. Ci avevano raggiunti.
Katrine si era messa a urlare che non avrebbe lasciato andare la bambina. Il padre si scusò <<umilmente>> con gli stranieri, <<non so che le prende, di solito si comporta bene>>. Quelli lasciarono presto la campagna con un sacco di scorte e vivande appena comprate. Non rivedemmo mai più né loro, né la piccola.
Da allora Katrine ed io diventammo davvero amici.
Questa è la prima parte di un racconto.
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